L’origine dei beni che costituiscono l’attuale Partecipanza Agraria di Nonantola comunemente si fa risalire ad una concessione enfiteutica di una vasta estensione di terreno in quel territorio, fatta nel 1058 dall’Abate Gotescalco al popolo nonantolano. L’enfiteusi dava in godimento perpetuo del terreno da bonificare e coltivare ai nonantolani e a tutti coloro che dai luoghi limitrofi avessero voluto appositamente trasferirvisi, con l’obbligo della residenza, della inalienabilità, del pagamento di un modesto canone e il diritto di pascolo e legnatico in altri "terreni comuni". Ma dalla individuazione degli antichi confini della concessione risulta che questa interessava una zona notevolmente diversa da quella dell’attuale Partecipanza. Fondamento più sicuro della istituzione dell’Ente è la concessione enfiteutica ventinovennale, fatta dall’Abate di Nonantola Galeazzo Pepoli nel 1442, dei tenimenti denominati la "Valle", al Comune e uomini di Nonantola e i loro successori e discendenti, in perpetuo, a cui si aggiunse la rinnovazione di tale enfiteusi del 1453 che si accrebbe di un nuovo livello anche per il bosco nonantolano. Tali beni concessi alla collettività nonantolana furono poi distribuiti periodicamente ai discendenti dei primi beneficiari che andarono a formare, all’interno della comunità, quello che è il nucleo degli odierni partecipanti. L’approdo all’Ente esistente attualmente però non fu facile: nel corso dei secoli diverse furono le vicende che caratterizzarono la sua lenta costituzione come istituzione autonoma. Innanzi tutto nel 1481 ebbe inizio quello che viene definito il regime di Bocca Viva e di Bocca Morta, regime che doveva sopravvivere fino al 1916. Con un lodo del 10 aprile 1481 il duca di Ferrara e Modena, Ercole I, stabilì che le rendite ricavate dai terreni concessi in enfiteusi si dovessero ripartire in due parti uguali e l’una fosse assegnata a comodo ed utilità del così detto estimo fumante di Nonantola, e cioè agli abitanti del Comune che, oltre a partecipare delle terre concesse, erano proprietari di altre terre soggette ai pubblici oneri; l’altra dovesse essere distribuita "per testa", cioè personalmente, a favore di tutti gli individui maschi e femmine, maggiori di quattro anni, delle famiglie abitanti a Nonantola e che come unica ricchezza avevano il solo possesso, ma non la proprietà, dei terreni concessi in enfiteusi o di altri terreni. Vennero così a distinguersi due classi di utenti, la prima detta col tempo Bocca Morta, alla quale il diritto di utenza spettava in base all’estimo, la seconda di Bocca Viva, dove questo diritto era strettamente personale: si trattava comunque sempre di cittadini nonantolani. Col tempo però "i passaggi di proprietà fecero sì che i nuovi acquirenti, anche forestieri, pagando l’estimo, fossero ammessi a partecipare come Bocca Morta: sicché a poco a poco il diritto di partecipare in proporzione all’estimo fu considerato quasi un diritto inerente ad esso e congiunto al fondo cui si riferiva" ; la classe di Bocca Morta quindi veniva ad essere costituita non solo da nonantolani ma anche da forestieri possidenti. Tutto questo accadeva contro il volere della comunità ma fu comunque ratificato nel 1536 da una sentenza del 24 maggio del Governatore di Modena, Battistino Strozza, che riconosceva ai cittadini modenesi, dunque forestieri, il loro diritto ad essere iscritti nel registro dell’estimo fumante accanto ai nonantolani e quindi a partecipare al riparto delle rendite come appartenenti alla classe di Bocca Morta, secondo il lodo del 1481. Nel frattempo, nel 1507, il Comune, che amministrava i beni partecipanti, al fine di facilitare la suddivisione delle entrate e delle rendite, creò cinquanta liste, dette Co’, che compresero tutti i partecipanti; ogni lista aveva un suo capo (Capo Co’) ed era costituita da pari numero di appartenenti alla classe di Bocca Viva e di Bocca Morta. Inoltre si cominciò ad assegnare annualmente ai partecipanti i prodotti dei prati e del bosco, mentre i terreni lavorativi venivano assegnati per un periodo di nove anni, ripartiti in cinquanta appezzamenti, ognuno dei quali era assegnato ad un Capo Co’ che ne diveniva il diretto responsabile. Altro momento fondamentale fu la formazione di un elenco definitivo e chiuso di coloro che avevano diritto a partecipare di Bocca Viva: ormai infatti cominciavano a defluire nelle zone nonantolane, rese ormai in gran parte fertili, sempre nuovi abitanti che speravano di entrare nella cerchia dei partecipanti, i quali a loro volta si opposero. Affinché nessun nuovo forestiero potesse vantare diritti riservati agli originari del luogo venne costituito nel 1584 il "Ruolo dei partecipanti", cioè l’elenco degli aventi diritto in quanto discendenti dalle famiglie originarie a cui erano state fatte le concessioni enfiteutiche e in quanto rispettosi dell’incolato, cioè della residenza ininterrotta nei territori comunali; tale elenco fu fatto in base agli iscritti nel ruolo della tassa sul sale o boccatico. Si istituì quindi l’uso del Ruolo delle Bocche Vive nel quale venivano iscritti i discendenti delle famiglie accettate come utenti nel sec. XVI, di età maggiore ai quattro anni, residenti continuativamente a Nonantola e le donne costituenti il nucleo familiare, purché non sposate ad un non partecipante. Il diritto esclusivo di appartenere a questa classe di famiglie originarie di Nonantola venne poi riconosciuto da una sentenza del 1716 e non fu mai più contestato. In tal modo i cittadini nonantolani e il nucleo dei partecipanti cominciarono ad essere due entità distinte: da qui la tendenza di questi ultimi e la necessità da loro sentita di avere una amministrazione separata, in quanto diversi erano i loro intenti e interessi. Ma è solo nel 1820, dopo circa tre secoli durante i quali non vi furono modifiche al sistema di gestione dei beni partecipanti, che Comune e Partecipanza, come insieme degli aventi diritto, separarono le loro amministrazioni, tenute in precedenza sempre da organi del Comune . Un decreto ducale del 7 dicembre 1820 istituì una rappresentanza di utenti che doveva amministrare unitamente ai consiglieri comunali. Una commissione di sei membri, tre della classe di Bocca Viva e tre della classe di Bocca Morta, eletti dai Capi Co’, costituì la rappresentanza della Partecipanza nel Consiglio Comunale che, unitamente a questo, formò il Collegio Amministrativo della Partecipanza. Fu nel 1856 che finalmente questa divenne un ente autonomo nettamente distinto dal Comune, conservando come unico legame con esso la persona del Sindaco come presidente dell’Amministrazione partecipante, primo organo sociale della Partecipanza, composto da sei membri, tre della classe di Bocca Viva e tre della classe di Bocca Morta. Rimaneva comunque la suddivisione tra Bocca Viva e Bocca Morta, la quale, venendo a mancare la comunanza di interessi dei partecipanti tutti verso la conquista di una propria identità nei confronti del Comune, si acuì, determinandosi come un confronto tra due classi con "obiettivi e mire diverse in ordine all’amministrazione dell’ente e al godimento dei beni perché è diversa l’indole e il modo di applicazione dei diritti rispettivi" entrambi tentavano di far prevalere in modo esclusivo la propria volontà contro i diritti degli altri e contro la consuetudine secolare, tanto che nel 1877 fu ordinato dal tribunale un sequestro giudiziario dei beni partecipanti per sedare le grosse questioni che dal 1872 si andavano componendo riguardo la costituzione dell’Amministrazione, gli ordinamenti e i metodi interni di gestire ed utilizzare i beni e i diritti delle due parti. Un sequestratario giudiziale si occupò dei beni partecipanti dal 1877 al 1891: in questo periodo, dato l’irregolare funzionamento dell’ente, si arrivò ad un totale dissesto economico e finanziario. Nel 1892 la Partecipanza riebbe l’autonomia con un Consiglio Amministrativo di sei membri affiancato dal Sindaco del Comune e in seguito da un Regio Commissario per la gestione dell’ente. Nel 1896, con l’approvazione di un regolamento da parte dell’assemblea generale degli utenti o partecipanti, si ebbe la nascita dei nuovi organi amministrativi: Presidente, Consiglio e Giunta. Tale regolamento entrò però effettivamente in vigore solo nel 1899, dopo una lunga causa giudiziaria per la sua ratifica. Rimaneva aperto ancora il contrasto tra la classe di Bocca Viva e la classe di Bocca Morta, che venne definitivamente risolto nel 1915 con un referendum in cui i partecipanti tutti decisero di procedere ad un acquisto o affrancazione delle Bocche Morte "nell’interesse esclusivo dei Partecipanti di Bocca Viva". Fu stipulato in tal senso da parte dei partecipanti di Bocca Viva un mutuo bancario col Credito Fondiario della Cassa di Risparmio di Bologna che, insieme alla vendita di immobili di proprietà della Partecipanza, permise il riscatto dei diritti di Bocca Morta, affermandosi così il principio dell’assegnazione "per testa", indipendentemente dalla condizione economica. L’ultimo atto di rilievo nella storia della Partecipanza è del 1961. L’Ente ottenne infatti in quell’anno di poter affrancarsi dall’antico canone enfiteutico stabilito nel lontano 1442 che doveva pagare ancora ogni anno all’Abbazia, raggiungendo la sua piena autonomia.