Le Partecipanze Agrarie emiliane sono una delle ultime forme di proprietà collettiva di origine medievale ancora presenti in Italia. Attualmente esse cono sei, situate nella striscia della bassa pianura emiliana stretta tra Modena e Bologna, nei comuni di Nonantola, Sant’Agata Bolognese, San Giovanni in Persicelo, Cento, Pieve di Cento e Villa Fontana. Seguendo regole quasi immutate nel tempo il patrimonio fondiario collettivo che le caratterizza viene periodicamente ripartito, mediante sorteggio, tra gli aventi diritto, cioè i legittimi discendenti maschi delle antiche famiglie legati a questi territori. Alla loro base stanno una serie di concessioni enfiteutiche di vasti terreni da bonificare, fatte a partire dalla fine del secolo XI dall’Abate del monastero di Nonantola o, successivamente, dal Vescovo di Bologna alle comunità che già abitavano in quei luoghi.
Nel medioevo larghi tratti delle campagne padane erano coperti di boschi che si alternavano a paludi e campi coltivati. I grandi feudatari, laici o ecclesiastici, ne possedevano larga parte e se ne servivano per l’allevamento dei maiali, per la caccia, la pesca, il legname, l’agricoltura. La maggior parte di questi grandi territori divennero, a poco a poco, di proprietà privata, ma alcune parti di essi, spesso quelle che avevano necessitato di più lunghi e faticosi lavori di bonifica eseguiti collettivamente, restarono nelle mani di alcune combattive comunità, e nei secoli successivi, queste stesse comunità e particolari gruppi di famiglie, per evitarne la dispersione e l’usurpazione, decisero di garantire solo a se stesse, ed ai loro discendenti, la proprietà e l’uso di quei terreni: nacquero così le Partecipanze Agrarie.